Il CIDMA di Corleone a Bellusco per i 25 anni della scuola media Falcone e Borsellino
“... I MEMBRI DEL CIDMA HANNO RACCONTATO AI BELLUSCHESI PRESENTI LE INIZIATIVE PROMOSSE DAL LORO CENTRO, OLTRE CHE LA VITA IN UN PAESE COME CORLEONE, DOVE I PARENTI DI CARNEFICI COME PROVENZANO E RIINA POSSONO ESSERE COMPAGNI DI SCUOLA, VICINI DI TAVOLO AL BAR, IN FILA IN UNA 'CORSIA PREFERENZIALE' ALLE POSTE”.
Dal 24 al 26 maggio alcune famiglie di Bellusco hanno ospitato 7 ragazzi e ragazze di Corleone: un piccolo comune di 10000 abitanti che non ha bisogno di presentazioni. I nostri ospiti sono però membri del C.I.D.M.A. (Centro internazionale di documentazione sulle mafie e sul movimento antimafia), un museo con sede a Corleone che si propone di informare i turisti e i corleonesi stessi su Cosa Nostra e coloro che l'hanno combattuta.
La loro trasferta nel nostro paese non è stata causale visto che Bellusco è stato il primo comune a dedicare una scuola a Falcone e Borsellino venticinque anni fa: sabato 26, presso la scuola media, si è tenuto un momento di commemorazione e raccoglimento in memoria della strage di Capaci mentre due giorni prima, in Corte dei Frati, i membri del CIDMA hanno raccontato ai belluschesi
presenti le iniziative promosse dal loro centro, oltre che la vita in un paese come Corleone, dove i parenti di carnefici come Provenzano e Riina possono essere compagni di scuola, vicini di tavolo al bar, in fila in una “corsia preferenziale” alle poste.
Nonostante i cittadini di Corleone siano ancora divisi in due categorie nette (“normali” e “vicini ai mafiosi”) e la giunta comunale sia stata prosciolta per mafia, la situazione in paese -raccontano- è di gran lunga migliorata: se alcuni cittadini più anziani, che troppo nitidamente ricordano gli anni più sanguinosi, quelli in cui Cosa Nostra muoveva i suoi primi passi guidata dal medico corleonese Michele Navarra, fanno fatica ad appoggiare apertamente l'azione informativa del CIDMA, la stragrande maggioranza di adulti e giovani ritengono sia assolutamente legittimo e soprattutto normale mettere in atto un'azione antimafiosa. Anzi, ci tengono a precisare che “il contrario della mafia non è l'antimafia, bensì la normalità”, e che dunque la loro attività di documentazione non ha niente a che vedere con azioni eroiche, ardite, ammirevoli.
La nascita del centro ha a che vedere con la trasformazione dell'immagine della mafia intercorsa dopo gli anni '90: l'attenzione dei media cala, Cosa Nostra si trasforma diventando un'organizzazione molto più discreta, meno incisiva sul territorio di origine ma diffusa in modo tentacolare nel nord Italia. E Corleone diventa una pagina di un libro di storia, un'attrazione per gli americani che vogliono “vedere il paese del Padrino”; la mafia si studia ormai, mica c'è.
Nel 2000 alcuni corleonesi sentono la necessità di informare i visitatori, con chiarezza e dovuto approfondimento, dei fatti perpetrati dalle mafie ai danni dei cittadini e della memoria comune di Corleone tramite la creazione di un vero e proprio museo strutturato in diverse sale, divise per argomento: c'è la sala dei faldoni, che contiene i verbali del Maxi Processo; la sala dei messaggi, dove tramite fotografie vengono illustrati i modi della mafia per inviare avvertimenti alla popolazione utilizzando una simbologia che sfrutta i corpi dei loro nemici uccisi; la sala dei contrasti, dove le fotografie riportano la doppia faccia di Palermo, sottesa tra i due poli di ricchezza e povertà.
Il museo prosegue con la sala del dolore, incentrata sulle figure di coloro che si sono opposti a Cosa Nostra, divenendone vittime: Rita Atria, Peppino Impastato, Giuseppe di Matteo.
Un'ultima sala riporta l'intera storia della mafia corleonese, tracciando un file rouge di delitti e violenza che non può concludersi con il silenzio e l'ostentata indifferenza da parte di coloro che oggi vedono la mafia come un qualcosa appartenente a un passato
sempre più lontano.
Nonostante la mafia si respiri ancora chiaramente a Corleone -e si inizi a respirare anche in Brianza-, i numeri dei visitatori
del CIDMA ci rincuorano: se durante i primi anni non arrivavano alla decina in un anno, solo dal giugno all'ottobre del 2017
sono arrivate circa 12000 persone, un numero enorme se si pensa che il centro è portato avanti da 18 volontari dai 16
anni in su che fanno solo ciò che ritengono sia normale fare.